giovedì 17 ottobre 2013

Riflessione...

Un tempo, non molto lontano, i gatti venivano tenuti in casa o in giardino dalla maggior parte delle persone dando loro da mangiare gli avanzi, non preoccupandosi più di tanto se si ammalavano. Si aveva l’idea che in qualche modo se la cavassero da soli e quasi era ritenuto spregevole considerarli degli esseri viventi con sentimenti e intenzioni. “E’ solo un gatto”. Non si sapeva nulla di Fiv, Felv, Fip etc etc. Si prendevano dalla strada e li si faceva entrare in casa. Punto. Morivano di vecchiaia o di qualche malattia ignota.
Per fortuna oggi le cose sono cambiate, almeno per molti di questi aspetti. Si sta restituendo al gatto la sua dignità. Ogni gatto è un individuo a sé, col suo carattere, i suoi desideri, le sue abitudini. È dotato di intelletto, di intenzionalità e perfino di sentimenti anche se questo fa storcere il naso a qualcuno.
Tuttavia mi sento di dire una cosa. A volte l’eccesso di conoscenza, esattamente come l’ignoranza, ci rende un po’ troppo paranoici, fobici esasperando il bisogno di controllo che umanamente abbiamo e che ancora non riusciamo a concepire come pia illusione. Pensiamo di poter controllare l’incontrollabile.
Se mi facessi una tac ogni mese per scongiurare un tumore, un ECG alla settimana per monitorare il cuore e chissà quante altri esami, non potrei comunque scongiurare di ammalarmi o di venire investita per strada dal primo che passa. Ora, tra il vivere nella convinzione (errata) di poter e dover tenere tutto sotto controllo per evitare le disgrazie e il vivere passivamente in balia degli eventi lasciandoci cullare dal “destino” direi che una sana via di mezzo ci sta proprio bene.
Riprendo il discorso sui gatti. Mi va di prendere dal vecchio modo di “gestire” i gatti quel sano buon senso che portava a prendere un gatto un po’ alla cieca contrastando abilmente l’irrefrenabile impulso di accanirsi nel voler escludere la presenza nel gatto di qualsiasi potenziale malattia. Come è impossibile per noi umani, lo è anche per i gatti. Ma se proprio cediamo all’illusione di poter così controllare anche la vita del nostro gatto, la cosa essenziale è fare affidamento su informazioni attendibili e soprattutto sul buon senso, se ce n’è rimasto un po’ dai nostri nonni.
Scoprire se un gatto è positivo ad uno dei test citati ci può portare ad essere più responsabili nei suoi confronti intervenendo in modo appropriato di fronte alla manifestazione di specifici sintomi. Oppure può essere utile per tutelare la salute dei gatti con cui vivrebbe a contatto nella misura in cui c’è un vero e reale pericolo di trasmissione della malattia. Ma esattamente come per gli esseri umani, anche per i gatti la positività non può diventare un motivo di discriminazione.
Scegliere di adottare un animale non può essere determinato unicamente dal proprio bisogno di soddisfazione narcisistica. E’ davvero un gesto di altruismo. E’ realmente un donare! Sono stufa di sentirmi dire “lo vorrei così, lo vorrei cosà!”. Fantastici i gatti a pelo lungo, lo so anche io. Bellissimi i miele! E ben venga se capita proprio l’occasione che ti trovi uno di questi gatti proprio nel tuo giardino e lo adotti. Ma non può essere solo quello il criterio. Per fortuna ho una particolare predilezione per i gatti neri e tigrati che non si fila nessuno!
Forse io sono un’incosciente che ha 5 gatti in casa da 6 anni e non sa se sono positivi a qualcosa e né lo voglio sapere, però anche l’accanirsi non va bene. Ho pure smesso da tre anni di vaccinarli! Ben venga la scienza veterinaria che ci aiuta a far vivere bene e in modo più sano i nostri gatti di oggi rispetto a quelli dei nostri nonni, però…prendiamoci una tisana qualche volta!

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