lunedì 15 dicembre 2014

Il Natale e la tristezza


Alla fine l'ho fatto, l'albero di Natale. Ho scelto quello grande quest'anno, quello dentro il quale si nascondeva Milù dopo averla ritrovata, il 14 Dicembre di 6 anni fa. Anche oggi è 14 Dicembre e anche oggi il mio pensiero va a quella santa mattina di domenica quando ho riabbracciato la mia amatissima piccola Milù. Ma oggi ho voluto fare anche un'altra cosa. 
 Ho piantato un nuovo elicriso proprio affianco a dove è sepolto Codino che spero cresca presto coprendolo come piaceva a lui quando si rifugiava lì sotto. E tra le pietre che ho messo per segnare il suo giaciglio un ciclamino in vaso. Rosa pallido con la base violetta, delicato e vivace come era lui.
 Ogni tanto esco in giardino e lo cerco, sapendo benissimo che non mi comparirà davanti. Eppure lo cerco ancora e non solo quando distribuisco le porzioni di cibo. D'istinto mi giro per darla anche a lui, che restava ad aspettare la sua personale razione. Permetteva agli altri di mangiargli tutto dal suo piatto e quindi gliela dovevo dare in disparte. Lo aspetto dietro il vetro della porta finestra, che non batte più sotto i colpi delle sue zampate. E sento il bisogno di uscire in giardino per essere certa davvero che non ci sia, così forse mi rassegno.
 La mattina è il momento più triste, quando scendo in cucina per preparare il formaggino (con zylkene) per Oscar e non sento il suo miagolio da dietro la serranda, né il suo stiracchiarsi sulla zanzariera. Non sento niente per la verità. Eco e Venere a quell'ora sono ancora in cantina e Zefiro e Calipso spesso non si presentano prima delle 7. Silenzio e buio.


 Ho perfino paura di uscire in giardino quando cala la sera. Non ne avevo prima di due anni fa e ne ho ora! E' come se il giardino avesse perso la sua anima e fosse diventato luogo deserto e solitario. Luogo di morte, forse è questo che mi fa paura.
 Mi manca. E ancora una piccola parte di me pensa di avere qualche colpa come quella di essersi rassegnata prima del tempo. So che ho fatto il possibile, l'ho nutrito imboccandolo, tenuto al caldo sono stata con lui il più possibile e gli ho somministrato i farmaci, ma forse mi sarei dovuta accorgere prima che stava male davvero. 
Quando smetto di darmi le colpe sono più serena e rassegnata e trova anche spazio il dolce ricordo. Un malsano pensiero mi è venuto in mente, quello di correre al canile a prendere un cagnolino. Come le madri che fanno subito un altro figlio quando ne perdono uno. Non sono da giudicare, naturalmente. C'è bisogno che la vita si faccia spazio nel vuoto che lascia la morte. Lo dicevano tutti che lui era come un cagnolino, per il suo modo di fare le feste, di correre incontro alle persone. Ma non sarebbe di certo una consolazione, semmai una distrazione. E al di là del mio desiderio di avere un cane (prima o poi, forse, chissà!) sicuramente questo lutto me lo devo vivere se voglio trasformare la tristezza in dolce ricordo e lasciare che le ferite si cicatrizzino nel tempo che ci vorrà.

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